Episodio 13 – Gaza: davvero Israele può vincere?

Dopo otto mesi di guerra Hamas ancora non è sconfitta. Quanto è forte oggi la milizia del terrore?
Alla domanda cerca di dare una risposta Jonas Roth, giornalista dell’autorevole quotidiano svizzero di lingua tedesca Neue Zuercher Zeitung.

Nella sua edizione del 6 giugno 2024 il quotidiano scrive che Israele ha certamente ridotto di molto le capacità militari di Hamas, però ancora non ha raggiunto l’ obiettivo dichiarato, ossia la distruzione totale dell’ organizzazione. E neanche il Piano di Pace proposto dal presidente americano Joe Biden spingerà gli islamisti a cedere il potere.

Washington vuole la tregua: da quando il presidente Biden il 31 maggio scorso ha annunciato a sorpresa il suo “piano di pace” per Gaza, gli Stati Uniti hanno investito parecchie risorse diplomatiche per tradurre in pratica questo progetto. Così ad esempio all’inizio di giugno vi sono state le missioni in Egitto e nel Qatar – da tempo impegnati in prima fila nella ricerca di un compromesso di pace – del capo della Cia, lo spionaggio americano, William Burns e dell’ incaricato della Casa Bianca per il Medio Oriente Brett McGurk.

L’ iniziativa di Biden ha suscitato scalpore ed è tuttora è al centro dell’ attenzione. Ma il nodo più controverso ancora oggi è quello che ha fatto naufragare così tanti negoziati nei mesi scorsi: Hamas non recede dalla richiesta di una fine definitiva della guerra accompagnata da adeguate garanzie mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu pone come precondizione per la fine del conflitto la distruzione completa di Hamas.

Anche gli Stati Uniti continuano a ripetere che Hamas non può più tornare al potere nella striscia di Gaza. Ma nel piano americano manca – forse non a caso – un qualsiasi riferimento sul come raggiungere l’ obiettivo. Perciò sorge spontanea la domanda: riuscirà davvero Israele ad eliminare il potere e le capacità militari di Hamas?

E’ opinione largamente condivisa che dallo scorso ottobre (quando ebbe luogo il massacro degli ebrei) le capacità militari di Hamas sono state ampiamente ridotte. Le forze arate israeliane hanno individuato e distrutto numerosi tunnel, depositi di munizioni e opifici militari. Tant’ è che l’organizzazione islamica di fatto non riesce più a lanciare missili contro obiettivi in territorio israeliano. Inoltre stando a dati forniti dall’ esercito israeliano sarebbero 14.000 i combattenti di Hamas morti nei combattimenti. Ma – avverte il giornale svizzero – il dato non è verificabile.

Comunque, stando a stime dei servizi segreti americani finora Hamas ha subito la distruzione di non più del 35 per cento dei suoi tunnel e la perdita del 30-35 per cento dei suoi combattenti. Nel dato non sono compresi i terroristi feriti o arrestati: in proposito non si hanno informazioni certe. Il giornale citando fonti specializzate scrive che in realtà Hamas al momento non ha problemi di personale. Ad esempio l’esperto palestinese Ahmad Khalidi, analista presso il Centro per le politiche di Sicurezza con sede a Ginevra ha detto: “Vi sono molte ragioni per ritenere che Hamas possa reclutare almeno tanti nuovi combattenti quanti quelli che ha perso”.

A ciò si aggiunga che nelle ultime settimane Hamas ha rimesso piede anche nella parte settentrionale della striscia di Gaza, quella che pure era stata dichiarata zona sicura dall’ esercito israeliano. Secondo rappresentati dell’ IDF (Israel Defense Forces, le forze armate israeliane), nelle zone attorno alle località di Jabalya e di Zeitun, a Gaza Nord, nelle ultime settimane si sono combattuti alcuni dei più “intensi” scontri dall’inizio della guerra. Ma il giornale cita anche l’analista militare israeliano Kobi Michael secondo cui le attività di Hamas nel nord di Gaza in effetti non sono coordinate. “Hamas non è quasi più in grado di funzionare come una forza militare organizzata. Però è molto flessibile e adesso si affida soprattutto a tattiche di guerriglia”, afferma l’ analista dell’ Istituto di Studi sulla sicurezza Nazionale.

Militanti di Hamas pattugliano i mercati

Ma ciò vuol anche dire che Hamas è diventata in larga parte invisibile per Israele. Là dove i terroristi non possono più nascondersi nei tunnel, essi adesso si confondono in mezzo alla popolazione dove hanno profondi radicamenti. Inoltre Hamas sembra in grado di controllare tutti gli aspetti della vita civile – e di recuperare rapidamente quanto perso a livello locale.

Così ad esempio residenti del campo profughi di Jabalya, a Gaza Nord, riferiscono che a maggio scorso gli uomini di Hamas sono tornati a controllare i prezzi sui mercati e hanno preso in mano la distribuzione degli aiuti umanitari. Parlando alla radio NPR un portavoce di Hamas ha affermato che l’ Amministrazione civile di Gaza, controllata dalla stessa Hamas, conta tuttora oltre 25.000 dipendenti. Dopo il 7 ottobre (data del massacro degli ebrei da parte dei terroristi) Hamas sarebbe perfino riuscita a pagare per due volte i loro stipendi, almeno in parte.

L’ ascendente di Hamas sulla popolazione sembra dovuto in larga parte al controllo da essa esercitato sulla distribuzione degli aiuti umanitari, che vengono regolarmente confiscati dalla stessa Hamas. Citando il parere di esperti, il giornale scrive che molte organizzazioni internazionali sono costrette a cooperare con rappresentanti di Hamas. Il politologo palestinmese Khalil Shikaki ha detto al quotidiano: “Senza il permesso di Hamas nessun aiuto può raggiungere la striscia di Gaza”.

Wer soll Gaza regieren? Chi deve governare a Gaza?

Nonostante tutto l’analista militare israeliano Kobi Michael è convinto che Israele sia più prossimo al conseguimento dei suoi obiettivi. Non si tratta di acciuffare tutti i terroristi e di distruggere tutti i tunnel: “Dobbiamo – afferma l’ analista al giornale – eliminare solo i centri gravitazionali del potere militare e politico di Hamas che le consentono di agire come un’ entità sovrana a Gaza”. Pertanto è anche importante che ora Israele assuma il controllo della frontiera tra Gaza e l ‘Egitto, perché quel punto di snodo cruciale per il contrabbando di armi e la consegna di aiuti umanitari rappresenta – dice Michael – un elemento centrale della sovranità di Hamas.

Michael auspica che Israele istituisca a Gaza un’ amministrazione militare quantomeno provvisoria prima di consegnare quel territorio ad un’ amministrazione palestinese. E’ consapevole che in tal modo si potrebbero aggravare le divergenze con partner occidentali di Israele ma a suo parere la responsabilità di tale sviluppo ricade sugli Stati Uniti: “La dirigenza di Hamas – afferma – si avvantaggia di una situazione strategica favorevole creata dagli Stati Uniti. Se Israele fosse costretta per tramite degli Stati Uniti a porre fine alla guerra, Hamas ne approfitterebbe per sbandierare una grande vittoria”.

Di avviso diverso è Eyal Hulata: per lui una amministrazione militare non è un’opzione possibile. “Le forze armate israeliane – dice – non sono abbastanza grandi da poter amministrare militarmente la Striscia di Gaza”. Hulata è stato fino al 2023 consigliere del governo per la sicurezza. La dirigenza israeliana – dice ancora Hulata – ha perso l’ occasione di provvedere per tempo ad una amministrazione alternativa. “Stiamo perdendo la nostra capacità di cambiare le cose a Gaza”. Pertanto – prosegue – occorre accettare il piano di pace di Joe Biden e mettere in piedi un’ amministrazione civile palestinese con il contributo di partner della regione.

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